Solo un elemento, esattamente il sessantanovesimo della tabella di Mendeleev, riesce ad esprimere valori di assoluta materialità ed immaterialità al tempo stesso: l’oro. La sua nobiltà, d’altro canto, è riconosciuta da millenni in tutto il mondo: passano le mode, cambiano le generazioni e la abitudini delle persone, ma la magnificenza dell’oro è intramontabile.
Raro, incorruttibile e resistente nel tempo: sono queste alcune delle caratteristiche di questo superbo metallo, che ne giustificano, in parte, l’inestimabile valore. Non c’è da stupirsi, di conseguenza, se sia l’elemento più ricercato nelle gioiellerie del nostro paese, ideale per un regalo o rendere indimenticabili ricorrenze, anniversari, compleanni e accadimenti della nostra vita.
L’Italia è il quarto paese al mondo per riserve auree possedute
L’oro, nella maggior parte dei casi, viene concepito come un elemento di ricchezza. Un accostamento del tutto calzante, basti pensare, ad esempio, alla riserve auree della nostra banca centrale nazionale. La Banca d’Italia, infatti, possiede riserve auree per oltre 2450 tonnellate, di cui la metà nella propria sede principale, Palazzo Koch, e la restante parte sparsa per i caveau di mezzo mondo.
Quanto sia elevata la massa d’oro detenuta da BankItalia, risulta ancora più lampante se paragonata al resto del mondo: la banca centrale nostrana detiene la quarta riserva d’oro al mondo, dietro soltanto al Fondo Monetario Internazionale, la Bundesbank (banca centrale tedesca) e la Federal Reserve (banca centrale americana). Sui caveau di Palazzo Koch, poi, si sono narrate alcune leggende e verità.
Si può affermare con certezza che siano dei luoghi inaccessibili per i “comuni mortali”: circondati da fossati inattaccabili. Per giungere ai caveau bisogna attraversare un’infinità di botole, scale e porte blindate, apribili solo grazie ad uno svariato numero di chiavi: i possesori, oltretutto, sono noti solo alle altissime sfere della Banca d’Italia stessa, a tutela del patrimonio aureo nazionale.
Quei pochi privilegiati che hanno potuto farvi accesso, raccontano di infiniti scaffali sui quali posano un elevatissimo numero di lingotti d’oro dalle forme differenti. Alcuni di essi, oltretutto, rappresentano una testimonianza tangibile di quanto avvenuto nel ventesimo secolo: dai lingotti statunitensi, sino a quelli con la falce e martello di chiaro stampo sovietico, passando per quelli a forma di svastica dell’epoca nazifascista.
Vendere le riserve auree: cosa hanno stabilito le banche centrali mondiali?
Molte persone si chiedono perché la Banca d’Italia, così come tutte la maggior parte delle banche centrali mondiali, sia piena di oro. La risposta è semplice: qualora la moneta diventasse non convertibile in oro, quindi un foglio di carta con valore intrinseco ma senza alcuna materialità, l’oro dei caveau assumerebbe una funzione di riserva simbolica.
Nonostante l’Italia disponga di quasi il 10% delle riserve auree mondiali, quantificabili in poco più di 90 miliardi, si definisce “simbolico” in quanto di entità significativamente inferiore rispetto alle attività economiche odierne. Prendendo spunto dal nostro paese, un dato, meglio di qualunque altro, avvalora queste tesi: l’ammontare del debito pubblico è di oltre 2300 miliardi, un valore infinitamente superiore rispetto alle riserve auree del nostro paese.
Perché, quindi, la nostra banca centrale non vende le proprie riserve per sistemare una parte del nostro debito pubblico? La risposta, in questo caso, arriva dall’Oltremanica. Nel 1999, infatti, la Banca Centrale d’Inghilterra provò a vendere una parte rilevante delle proprie riserve, causando un vero e proprio crollo del valore dell’oro. In quel momento, onde evitare che si innescasse una svalutazione irreversibile, le banche centrali mondiali stabilirono di mantenere inalterate le proprie riserve e non venderle.
Quanto sia importante la tematica dell’oro, inoltre, lo si può percepire volgendo lo sguardo al trattato di costituzione della Banca Centrale Europea, che obbliga le banche centrali nazionali a conferire una parte delle proprie riserve auree alla stessa.